Scopri il Villanova

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Poeti e poesia di Padria del XIX secolo: Paolo Cossu

Era di professione calzolaio, uomo di svegliato ingegno e di grande allegria. Fece il soldato e fu in quel momento della sua vita che imparò a leggere e scrivere. Compose molte canzoni, di vari generi, specialmente quando si trovava in carcere, ma non tutte sono state raccolte. Fu ucciso nel dicembre del 1866.

Fra le opere conservate si citano: 

  • Diccios acantu ses de lastimare, ne rimane solo un frammento ed è una lode ad una fanciulla nel fiore della giovinezza, vestita a lutto, tanto bella quanto logorata dalla sofferenza.
  • Paghetmi, su padronu, chi non ch'isto, questi versi riportano un dialogo tra una serva scontenta ed il suo padrone.
  • Rosa in su colore et biancura, esalta la bellezza della sua innamorata, paragonata a significative immagini di fiori, frutti e animali e con accostamenti ad aromi e colori. Alcuni versi danno inoltre modo al poeta di esprimere il suo interesse verso l’astronomia grazie ad alcuni virtuosismi nel descrivere lo splendore della fanciulla.
  • Un'autore cheret raccontare, Descrive le pene dei carcerati che vive in prima persona e la sensazione di abbandono da parte di chi prima gli era stato accanto che spinge a sentirsi morti pur essendo ancora in vita.

Alcuni versi d’inizio tristemente toccanti:

Un’autore cheret raccontare
sas penas de su tristu presoneri,
che un’esiliadu furisteri
bivende abbandonadu in terra anzena.
Poesia, aumentami sa vena
chi cherzo raccontare cust’historia:
lassant sa parte faghinde vittoria
e i sos suos chena bi pensare […]”

(Un autore vuole raccontare le sofferenze del triste prigioniero,che vive come un esiliato, abbandonato come un forestiero in terra straniera. Poesia, accresci la mia vena che voglio raccontare questa storia: i suoi cari lo lasciano da parte ben contenti, senza curarsi di lui.)

 

 

Bibliografia:
G. Spano, Canzoni popolari di Sardegna, Nuoro, Ilisso, 1990.